Il c.d. progetto di legge Gasparri: indietro tutta!

L. Gaudino, P. Zatti, M. Piccinni e G. Gristina, Il progetto di legge “Gasparri” cancella decenni di progressi nel campo dei diritti della persona malata, pubblicato in Quotidiano sanità del 16.5.2024

Prende avvio dall’attività del Gruppo di Lavoro “Per un diritto gentile” la riflessione sul progetto di legge c.d. Gasparri. La lettera che raccoglie questa riflessione è stata redatta da Luigi Gaudino, Paolo Zatti, Mariassunta Piccinni e Giuseppe Gristina e consegnata a Quotidiano sanità. Centinaia le sottoscrizioni degli esperti.

Il disegno di legge presentato al Senato (S. n. 1083, XIX legislatura, “Modifiche all’articolo 580 del codice penale e modifiche alla legge 22 dicembre 2017, n. 219, in materia di disposizioni anticipate di trattamento e prestazione delle cure palliative”, in corso di esame in commissione) si pone in antitesi con i progressi nel tempo compiuti con riguardo ai diritti della persona in ambito medico. Le disposizioni proposte, infatti, cancellano i traguardi raggiunti in termini di autodeterminazione del paziente e si innestano nel diritto della relazione di cura, privando la persona della libertà di decidere.

Nel d.d.l. la natura di trattamento sanitario della nutrizione e della idratazione artificiali è negata, così che possano ritenersi irrinunciabili. Lo scenario è quello di una nutrizione artificiale forzata, nonostante l’opposizione del paziente.
Ai professionisti sanitari è consentita l’obiezione di coscienza verso i contenuti della legge 219. Le conseguenze sono gravi soprattutto se l’obiezione riguarda il diritto del paziente di rifiutare le cure.
Dall’art. 1, comma 9°, della l. 219 viene espunto il riferimento alle strutture sanitarie private, con la conseguenza che queste non avrebbero più l’obbligo di dare “piena e corretta attuazione dei principi della legge”. Dal consenso informato al rispetto delle DAT e delle PCC, dalla formazione del personale sui temi della comunicazione al diritto al rifiuto delle cure, fino al tempo della comunicazione come tempo di cura: tutto sarebbe facoltativo e rimesso alla scelta privata.

Con la sent. n. 242/2019, la Corte costituzionale ha depenalizzato l’aiuto medico al suicidio al ricorrere di certi requisiti, con l’invito al legislatore di regolare la materia conformemente ai principî enunciati. Il d.d.l. non solo non colma questo vuoto normativo, ma modifica l’art. 580 c.p. in termini poco chiari. Prevede, infatti, una diminuzione della pena se chi aiuta al suicidio “convive stabilmente con il malato e agisce in stato di grave turbamento determinato dalla sofferenza altrui”. L’ipotesi di reato è confermata, a prescindere dalla sofferenza di chi si toglie la vita, e chi offre l’aiuto – nella vaghezza terminologica – soltanto è punito con una sanzione meno grave.

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